Le meraviglie - il secondo film di Alice Rohrwacher

Michaela Bitetto Michaela Bitetto, 13 giugno 2014
Le meraviglie di Alice Rohrwacher, 2014 Le meraviglie di Alice Rohrwacher, 2014

Una tensione verista che fin dall'inizio motiva lo spettatore a conoscere la trama.

DATA USCITA: 22 maggio 2014 (nelle sale adesso)
GENERE: Drammatico
ANNO: 2014
REGIA: Alice Rohrwacher
SCENEGGIATURA: Alice Rohrwacher
CAST: Monica Bellucci, Alba Rohrwacher, Margarete Tiesel, Sabine Timoteo, André Hennicke, Sam Louwyck, Maria Alexandra Lungu, Agnese Graziani

Meraviglie senza emozioni

Non è mai facile esprimere a posteriori una opinione su un film che ha ricevuto un notevole consenso, specie se a testarlo è stato un premio di prestigio come il Grand Prix della Giuria all'ultimo Festival di Cannes.

Uno sguardo profano avverte inevitabilmente una responsabilità, come quando ci si trova a dover formulare un giudizio, anche solo personale, su una opera esposta in un grande museo del mondo.

Le Meraviglie di Alice Rohrwacher è un buon film.

Fin dalle prime immagini si avverte una tensione verista che motiva lo spettatore a conoscerne la trama.

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La storia di una famiglia di apicoltori della campagna umbra negli anni '90 che si trova costretta a mettere in atto una ristrutturazione onerosa del proprio stabilimento – pena: la chiusura dell'attività - viene raccontata attraverso lo sguardo disincantato di Gelsomina, la più grande delle quattro figlie.

Uno sguardo mediato da un uso studiato anche se non sempre consapevole della cinepresa.

Non limitandosi ad un registro visivo, la regista lascia raccontare ai personaggi stessi il contesto isolato nel quale vivono, facendoli esprimere in un linguaggio abbozzato e rudimentale, di spiccata coerenza con la propria condizione.

La pellicola abbonda di elementi da tenere sotto controllo, in pieno “stile Rohrwacher” ci verrebbe ormai da dire, quasi a voler mettere alla prova l'attenzione di chi guarda.

L'avvento di un progresso che, per quanto si tenti di tenerlo a distanza, è ormai inevitabile; una maturità adolescenziale che fa da cornice alle vicende vissute dalla famiglia; il recupero di un ragazzino sulla strada della delinquenza; un rapporto padre – figlia giocato su toni generazionali dolci e privi di retorica; velleità mediatiche fomentate da una conduttrice TV. Tutti temi di nobile trattazione ma sterili nel definire un qualsivoglia senso del pathos.

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Difficile un coinvolgimento emotivo dello spettatore nei tentativi di Gelsomina di risollevare le finanze della sua famiglia, nel rapporto che la lega al padre, nell'intento di una assistente sociale di avvicinare alla famiglia un ragazzino in cerca di redenzione.

Se la superba interpretazione di Sam Louwyck nel ruolo di capofamiglia non è sufficiente a colmare spazi così marcatamente vuoti, non solo a livello emotivo ma anche narrativo, figuriamoci quella della Bellucci!

Che dire ?! Alice, work in progress :)

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Michaela Bitetto

Nata a Milano, città nella quale vive e della quale è particolarmente fiera. Fatica a immaginare un mondo senza parole e per quest... Scopri di più sull'autore