E Chagall sognò la realtà - la retrospettiva milanese dedicata al pittore russo

Michaela Bitetto Michaela Bitetto, 29 ottobre 2014
Marc Chagall - Over the town Marc Chagall - Over the town

“L’arte mi sembra essere soprattutto uno stato d’animo. Lo stile non è importante. Esprimersi lo è."

E' una vertigine quella che assale il visitatore nelle sale di Palazzo Reale a Milano, dove è in corso in questi giorni la mostra MARC CHAGALL, UNA RETROSPETTIVA 1908 – 1985.

Il percorso della mostra curata da Claudia Zevi si snoda attraverso opere fedeli alla biografia dell’artista. Dagli anni dell’infanzia a Vitebsk, villaggio della Bielorussia in cui nasce da una famiglia ebrea, a Parigi dove ben presto si trasferirà per entrare in contatto con ambienti letterari che influenzeranno la sua produzione, forse più di quelli pittorici.

“L’arte mi sembra essere soprattutto uno stato d’animo. Lo stile non è importante. Esprimersi lo è. La pittura deve essere un contenuto psicologico. Io stronco sul nascere ogni mio impulso decorativo. Attenuo il bianco, amalgamo il blu con mille pensieri. La psiche deve trovare la propria via nei dipinti. Bisogna lavorare sul quadro pensando che qualcosa della propria anima entrerà a farne parte e gli darà sostanza. Un quadro deve fiorire come qualcosa di vivo. Deve afferrare qualcosa di inafferrabile: il fascino e il profondo significato di quello che ci sta a cuore.” (Marc Chagall)

E’ il colore protagonista indiscusso delle opere di Chagall. Lo vediamo ad esempio in alcuni ritratti ai suoi cari, capaci di sortire nello spettatore un senso di familiarità e tenerezza.

Nel Ritratto del fratello David con mandolino accorgimenti cromatici come l’uso di un gelido blu filtrato da spiragli di bianco sortiscono un senso di angoscia per una morte sentita molto prossima.

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D'altra parte, le opere ispirate all’artista dall’amore per la diletta Bella Rosenfeld conferiscono alla mostra un senso di inebriante leggerezza: le tinte gioiose, le pose bizzarre delle figure che paiono voler sollevare lo spettatore con sé (La passeggiata e Il compleanno).

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Numerosi sono poi i riferimenti dell'autore alla religione ebraica, e in particolare alla sua condizione di ebreo costretto a fuggire in America abbandonando l'Europa e Parigi.

Nella moltitudine di opere esposte, spicca l'incantevole ciclo di rappresentazioni della fiaba di La Fontaine La volpe e l'uva, commissionate all'artista da Ambroise Vollard: con questo ciclo la capacità di Chagall di affidare la descrizione della realtà allo stupore dell'infanzia, già piuttosto evidente nelle opere precedenti, giunge a compimento, con piena convinzione, in un progressivo allontanamento da qualsivoglia strutturalismo formale. Lo vediamo anche ne La coppia sopra Saint-Paul, dove l'artista rappresenta se stesso e la seconda moglie Vava come figure fluttuanti prive di una specifica connotazione nello spazio pittorico.

Accostarsi a un pittore come Marc Chagall risulta complesso, non solo per la peculiarità del linguaggio artistico ma anche per i numerosi elementi iconografici di contorno che egli utilizza nel raccontare le scene principali e l'indiscutibile senso di intimità che caratterizza le tele. Il “pittore bambino” Chagall traduce una realtà inafferrabile in una accezione onirica, fiabesca, in qualche modo distante. Anche se spesso quella realtà è mortale, portatrice di lutti e persecuzioni.

Ma credo che lo sforzo ripaghi lo spettatore. Non è da escludere che in questi tempi di stagnante crisi sociale ed economica tornerebbe utile rispolverare quel senso di Stupore che ciascuno di noi si porta dentro.

Magari la risposta ai nostri problemi potrebbe nascondersi in un diverso approccio alla realtà. Reinterpretarla anziché semplicemente constatarla. Come il Maestro insegna.

La mostra chiude il primo febbraio 2015. Tutte le info (giorni e orari di apertura, prezzi, biglietti) sono disponibili qui.

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Michaela Bitetto

Nata a Milano, città nella quale vive e della quale è particolarmente fiera. Fatica a immaginare un mondo senza parole e per quest... Scopri di più sull'autore