Come funziona la seduzione

TheBloomingJourney TheBloomingJourney, 06 marzo 2014
Il sottile equilibrio tra testa e cuore Il sottile equilibrio tra testa e cuore

Seduzione, seducere, condurre un altro (o più altri) a sé. Come funziona la seduzione?

Seduzione, seducere, condurre un altro (o più altri) a sé.

Cos’è, come funziona la seduzione? Perché a parità di caratteristiche “misurabili”, oggettive, alcune persone hanno più successo nelle relazioni di altri? Cosa significa “saperci fare” con le persone? Perché alcuni collezionano fregature ed altre successi nella loro vita relazionale? Se anche tu te lo sei chiesta, se hai il sospetto di essere “inadeguata” da questo punto di vista o comunque pensi di poter migliorare, qui troverai qualche spunto.

Alla seduzione, tema centrale dell’esistenza, sono stati sacrificati ettolitri di inchiostro ed intere foreste. ;-) Giacomo D’Aquino, psichiatra e psicoterapeuta, nel suo "Seduzione", definisce la seduzione stessa nel modo più sintetico ed autentico possibile: seduzione è “l’arte di farsi amare”. Già da questo segue una considerazione utile ed interessante: la seduzione sana e intelligente non mira alla conquista fine a sé stessa, all’appagamento della vanità, all'esercizio di un potere, ma alla costruzione di relazioni affettuose ed amorose costruttive, tali da limitare il più possibile le illusioni, i dolori, le delusioni.

Sapere sedurre ci serve quindi a realizzare il nostro potenziale affettivo evitando che vada disperso a causa di nostri stessi errori, di comunicazione o di altro tipo. Realizzarci affettivamente è molto importante, e nel comprendere questo c’ è già un risultato (non ci credi? guarda quante persone lasciano praticamente al caso o al "destino" la loro vita relazionale, allora!). Realizzarsi affettivamente inizia dal “piacere” agli altri, dal sapere attrarre a sé quelle le persone e in particolare quelle persone la cui vicinanza dà un valore aggiunto alla nostra vita ed alla nostra felicità personale.

"La sfortuna non esiste, è un'invenzione dei falliti...e dei poveri" (Titta De Girolamo in "Le conseguenze dell'amore")

La seduzione non è solo riuscire a piacere all’uomo che ci piace, perché saper essere seduttivi può fare la differenza in tutte le sfere della vita – amicizia, lavoro, famiglia – e permette di allontanare lo spettro della solitudine. Che va accettata e tollerata, addirittura cercata, talvolta, ma non è la condizione ideale dell’essere umano, progettato per l’amore, per la socialità (comunque, adesso è sulla seduzione affettiva – per così dire – che vogliamo focalizzarci).

Dunque: sedurre è agire sull’altro.

La seduzione è un “passo a due”, e quindi richiede (anche) comportamenti attivi. E' mettersi in gioco. Non è affatto seduttivo starsene troppo per proprio conto, arroccate nel proprio fortino, attendendo che l’altro si avvicini e faccia tutto il lavoro. Così come, al contrario, non è affatto seduttivo farlo tutto noi, il lavoro. Seduzione è andare verso l’altro, incuriosire, stimolare, ed è anche sapersi ritrarre. Seduzione è spingersi in avanti ma senza superare quel punto invisibile oltre il quale le nostre iniziative ci si ritorcono contro come dei boomerang, allontanando gli altri invece di avvicinarli.

Seduzione è “mettersi in gioco”.

E' uscire dal nostro fortino quindi, dalla nostra cosiddetta comfort zone, fatta di tutte quelle piccole routine che ci fanno sentire al sicuro, protette. Avvicinarsi a un altro è avventurarsi in un cammino nuovo, sconosciuto. La seduzione quindi comporta un rischio. Il rischio stesso che il processo seduttivo si interrompa, ad esempio, senza che si possa fare nulla per evitarlo, o che comunque l’altra persona o la relazione possa deludere. Per questo intraprendere un processo seduttivo comporta una certa autostima: quella fiducia in noi che ci permetterebbe di restare in piedi se il tentativo seduttivo andasse fallito, la forza di incassare e proseguire nel nostro percorso senza troppo danno. Quindi la base della seduttività è l’autostima. E’ anche per questo che chi ha più autostima generalmente allaccia più relazioni sociali di chi non ne ha: perché è in grado di cimentarsi in un maggior numero di tentativi e (anche) di sostenere un maggior numero di fallimenti.

L’autostima, dunque, è indispensabile alla seduzione.

Ma se la seduzione passa dal rischio, ma non per questo richiede l’azzardo. Il seduttore intelligente assume rischi calcolati e commisurati alla posta in gioco, e pondera accuratamente il rischio di ogni mossa alla luce del feed-back, del risultato della mossa precedente. Il buon seduttore studia la sua preda, ma non combatte contro i mulini a vento; semina il terreno là dove è fertile, e non dove è arido, perché ha a cuore di non sprecare il suo tempo e le sue risorse. Una volta seminato, se non ottiene frutti non fa finta di niente ma ne prende atto senza raccontarsi balle (il seduttore è molto onesto con sé stesso!) e non si incaponisce: molla il colpo, almeno temporaneamente, almeno finché dall’altro non arriva un cenno positivo, e precisamente il cenno di avere colto e gradito.

er questo, la seduzione richiede lucida razionalità

Il seduttore è razionale, ed è per questo che è difficile sedurre chi si ama, perché il coinvolgimento emotivo è nemico della padronanza di sé e dei propri impulsi. Attenzione: mollare il colpo per chi seduce non significa tagliare i ponti, tantomeno fare delle “scenate”, significa rientrare nel proprio spazio vitale, nella famosa comfort zone, ritrarsi sottilmente, comunicando tacitamente all’altro che non si è disposti a dare qualcosa di sé a chi sa trattarla bene. Il che, di nuovo, comunica autostima, sempre molto seduttiva.

cervellocuore

Di solito, quando si dicono queste cose, c’è sempre qualcuno che ribatte portando esempi di seduzione “per espugnazione” andate a buon fine. Il classico martello che alla fine sfonda il muro. O la famosa chinese drop. Premettendo che ognuna di queste situazioni andrebbe compresa nella sua particolarità, la seduzione da martellamento non è una seduzione intelligente, perché la seduzione non consiste nel convincere, men che meno nel forzare. E quando ci si lascia convincere, espugnare, spesso è perché si ripiega su una relazione non ottimale per solitudine, noia, bisogno di una relazione “purché sia”, debolezza di un certo momento. La vera seduzione non ha nulla di insistente o forzato, è un condurre l’altro a sé con naturalezza, è lasciare l’altro nella sua piena libertà, e tuttavia mettendo dei “paletti”, per lo più taciti, che segnalano all’altro che non siamo “disperati” o bisognosi ma che al contrario abbiamo consapevolezza del nostro valore e sappiamo badare e bastare a noi stessi. Vi è un modo delicato di espugnare ed è l’adulare, ma quello basato sull’adulazione è un processo seduttivo che i più intelligenti smascherano immediatamente e che comunque risulta facilmente disonesto e manipolatorio. E quindi non coerente con gli obiettivi di una seduzione costruttiva, cioè tesa a realizzare relazioni che abbiano uno spessore, un valore e una capacità di durata.

Con queste premesse, cosa è seduttivo e cosa non lo è?

Partiamo dalle cose semplici, è seduttivo: un bell’aspetto, la cura di sé, un look nel quale ci si senta nella propria pelle, la gentilezza, l’educazione, la generosità, l’ironia, la cultura. E poi:

  • avere una vita affettiva soddisfacente: nessuno, né in amore né in amicizia, è felice all’idea di essere il tappabuchi delle solitudini di un altro;
  • avere degli interessi ed occuparsene attivamente;
  • avere degli obiettivi nella vita ed essere impegnati a conseguirli;
  • avere consapevolezza di avere un potenziale ed avere a cuore il fatto di realizzarlo;
  • possedere un equilibrio personale: le persone che psicologicamente non stanno in piedi, spaventano oppure attirano persone che sono preda di altri squilibri e quindi relazioni potenzialmente abusive;
  • essere realizzati ed autonomi professionalmente: questo vale a maggior ragione per le donne, la cui autonomia economica oltretutto è garanzia di una certa libertà esistenziale;
  • collegato al punto precedente: un certo benessere economico è seduttivo. Non sarà bello, non sarà giusto ma è così: insuperabile legge sociale;
  • essere curiosi ed interessati all’altro senza sconfinare nell’invadenza, è seduttivo;
  • farsi rispettare è molto seduttivo;
  • essere indipendenti: le palle al piede non piacciono a nessuno, e se piacciono a qualcuno, gatta ci cova;
  • saper stare da soli, tollerare la solitudine ed evitare di piangersi addosso è seduttivo;
  • essere buoni ascoltatori senza avere un’attenzione troppo concentrata sull’altro, essere cioè “presenti” senza una focalizzazione eccessiva, con una certa leggerezza, questo è seduttivo;
  • avere dignità: Sherry Argov, autrice di “Falli soffrire”, bestseller mondiale sulla seduzione femminile non esita a definire la dignità “la qualità più affascinante”. Cosa significa avere dignità nelle relazioni? Significa, come dice lei stessa, che “se la scelta è tra la dignità e una relazione, […] la dignità verrà sempre al primo posto”. Avere dignità significa non essere disposte a lasciare calpestare sé stesse in nome di una relazione. Avere dignità significa non eccedere nel darsi, sapere indietreggiare, non dare o togliere a chi non dimostra di apprezzare;
  • essere calorosi, trasmettere all’altro un interesse non viziato per le sue vicende, essere affettuosi con autenticità;
  • essere tolleranti: la tolleranza, la predisposizione alla comprensione invece che al giudizio sono armi di seduzione potentissime;
  • la generosità risulta seduttiva;
  • la disponibilità a “negoziare” sulle decisioni comuni;
  • l’essere assertivi.
"Se vivi in un armadio con i topi e | mangi pane vecchio | ti vogliono bene. | In quel caso | sei un genio." Charles Bukowsky

Cosa non è seduttivo: molte cose non lo sono, alcune così banali che non ci sarebbe nemmeno da dirlo, ma comunque. Non sono seduttive:

  • la tendenza ad imporsi e a prevaricare;
  • l’invadenza, la curiosità smodata e fuori luogo;
  • la tirchieria, anche per il noto assunto secondo il quale chi è tirchio di tasca lo è anche di animo;
  • la propensione a giudicare inflessibilmente il prossimo;
  • la propensione a spettegolare: il nostro interlocutore inevitabilmente penserà che spettegoleremo anche di lui;
  • il pessimismo e la propensione a lamentarsi NON sono seduttivi, magari riscuotono una certa solidarietà nell’immediato, ma poi allontanano.

Ma due sono le cose sommamente non seduttive: la bisognosità e la propensione alla dipendenza. La dinamica di allontanamento da bisognosità è chiarissima razionalmente, molto meno alla nostra emotività specie quando compare un sentimento (magari non corrisposto, ahinoi, o corrisposto con minore intensità): il fatto è semplicemente che a nessuno piace essere il tappabuchi delle disperazioni altrui, l’ancora di salvezza dalle sfighe di un altro.

"Tutto quello a cui nella vita le persone danno la caccia, fugge" (Sherry Argov)

La seduzione è così, spietata, anche, e molto. A tutti piace sentirsi scelti in quanto graditi e non perché l’altro sia in preda al bisogno.

Le persone tendono istintivamente a relazionarsi con altre persone che sappiano stare in piedi a prescindere da loro (certo, a meno che non abbiano loro stesse gravi fragilità che trovano corrispondenza in una controparte fragile, dipendente e bisognosa), che non abbiano bisogno ma vero piacere ad entrare in relazione. A nessuno piace neppure che un altro gli si abbarbichi. Una relazione sana presuppone una certa indipendenza di carattere e di pensiero. E’ per questo che sia gli uomini che le donne che sono in preda al cosiddetto orologio biologico, al bisogno di una relazione purché sia, generalmente non trovano molti riscontri nella loro vita sociale, e talvolta si avvitano in una spirale di disperazione, a meno che non si accontentino di qualcuno di altrettanto bisognoso, avviando così una relazione basata sul bisogno e sulla noia, una relazione che serve a difendere dalla solitudine, ma non a dare gioia, e che non le renderà felici, e che non ha affatto il potenziale di essere una relazione sana, gioiosa e durevole, annunciandosi invece come disfunzionale.

Eppure, a volte, la bisognosità sembra uno stato insuperabile. Riconosciamo di esserne affette, riconosciamo che ci fa sbandare, riconosciamo che ci procura mille guai ma non possiamo venirne fuori. Come si supera la sensazione e lo stato di bisognosità - che è essenzialmente un senso di solitudine - che ci fa andare contro noi stesse? Ne parleremo, stay tuned ;)

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Quarantenne, milanese di adozione, appassionata di psicologia pratica, avida nello studiare e generosa nello scrivere di crescita... Scopri di più sull'autore